Nel patrimonio artistico italiano coesistono monumenti per i quali è “d’obbligo” la fila, la folla per visitarli e altri, piccoli scrigni, che si possono visitare in tranquillità e silenzio.
E’ questa la sensazione che ho provato nell’Oratorio di San Giorgio a Padova, un piccolo prezioso ambiente che, con la sua facciata a capanna con mattoni a vista, si affaccia sulla piazza della Basilica di S. Antonio.
La struttura architettonica è costituita da un’aula con volta a botte e quattro monofore, che illuminano le pareti interamente decorate con i cicli di affreschi di Altichiero da Zevio, che dimostra qui un’abilità compositiva, una stesura raffinata, con giochi di luce e morbide sfumature, e varietà coloristica.
Sulle pareti sono raffigurate la Vita di San Giorgio, da un lato, e dall’altro la Vita e il martirio di Santa Caterina e di Santa Lucia, disposti su due fasce sovrapposte, mentre sulla parete di fondo campeggia una grande crocifissione, che riporta il pensiero a quella spettacolare, eseguita dallo stesso autore, nella Cappella di San Giacomo, nella Basilica del Santo.
Basilica S. Antonio – Capp. S. Giacomo – Crocifissione
Oratorio S. Giorgio – Crocifissione
Nella controfacciata, invece, sono rappresentati episodi dell’infanzia di Gesù.
Lo stato di conservazione, purtroppo, non è ottimo, ma questo non impedisce di ammirare un’orchestrazione delle scene senza errori o stanchezza inventiva; gli scorci architettonici sono complessi e ben inseriti nello svolgimento delle storie, con prospettive profonde e rigorose, come per esempio la navata della chiesa in scorcio che fa da cornice ai “Funerali di S. Lucia”, con la folla dei partecipanti perfettamente inseriti nello spazio. L’architettura dipinta è uno spazio abitabile ed è rigorosa nello scorcio diagonale che porta verso la scena in secondo piano a sinistra (Lucia riceve la comunione dopo essere stata trafitta con un pugnale).
Nelle scene ritornano i toni e i temi dell’epopea cortese e cavalleresca, come lo scenario di corte regale dell’”Incoronazione della Vergine”; ma questa atmosfera non oscura l’attenzione po individuare con gesti, espressioni e dettagli il carattere di ogni personaggio.
I preziosismi, i particolari resi con sorprendente realismo, tali da divenire cronaca di costume, non rubano mai la scena all’azione principale: il pittore porta lo sguardo dell’osservatore dove lui vuole che sia diretto; nella scena di “Santa Lucia condotta al lupanare” una serie di linee orizzontali convergono sulla figura della santa che, pur essendo in posizione decentrata, è immediatamente visibile, e solo dopo l’occhio percepisce le varie componenti della storia, come l’incredulità delle guardie o l’apprensione di alcuni spettatori.
S. Lucia condotta al lupanare
Giotto insegna: Altichiero ha guardato a lui e ai pittori giotteschi lasciando nelle sue opere, poche purtroppo, un linguaggio innovativo nell’arte del Trecento.